Verso
un rinnovato dialogo: «Il
legame profondo tra la bellezza e la liturgia deve farci considerare
con attenzione tutte le espressioni artistiche poste al servizio
della celebrazione»1,
benché le espressioni artistiche siano variate in genere, numero e
specie. Inoltre lungo la storia, si è formata una visione dell’arte
non sempre omogenea. Quello che non si può negare, neanche nella
diversità, è che l’infinita bellezza divina e l’arte sacra sono
in relazione per le loro nature. Perciò la bellezza deve essere
espressa, in qualche modo, dalle opere artistiche dell’uomo
destinate alla sfera sacra. Soltanto così sono più orientate a Dio
e all’ incremento della sua lode e della sua gloria2.
Ora, l’ideale mai ci può astrarre, in senso pieno, dal reale;
pertanto con onestà dobbiamo dire che nell’età moderna è stata
affermata progressivamente una forma di umanesimo caratterizzato
dall’assenza di Dio e delle volte in opposizione a Lui. Questo
clima ci ha portato fino al punto di scindere i mondi dell’arte e
della fede3,
alle volte sembrerebbe in maniera definitiva, perché per alcuni la
luce si è spenta. Questo è ragionevole perche fuori dal corpo «la
fede perde la sua “misura”, non trova più il suo equilibrio, lo
spazio necessario per sorreggersi. La fede ha una forma
necessariamente ecclesiale, si confessa dall’interno del corpo di
Cristo»4.
Eppure anche per quelli che sono al di fuori del corpo la speranza
può toccare perché «grazie al sangue di Cristo siete diventati
vicini» (Ef 2, 13). Per cui «la
vera, grande speranza dell'uomo, che resiste nonostante tutte le
delusioni, può essere solo Dio [...] Chi è toccato dall'amore
comincia a intuire che cosa propriamente sarebbe “vita”. Comincia
a intuire che cosa vuole dire la parola di speranza»5.
1
Benedetto
XVI,
Sacramentum
Caritatis,
Esortazione Apostolica Postsinodale, n. 41.
2
Cfr. Conc. Vat. II,
Sacrosanctum
Concilium,
Constituzione sulla sacra Liturgia, 122.
3
Cfr. Giovanni
Paolo II,
Lettera
agli artisti,n.10.
4
Francesco
I,
Lumen
Fidei,
n.22.
5
Benedetto
XVI,
Spes
salvi,
Lettera enciclica, n.27.
6
Ibid.,
n. 25.
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